pp.98 I racconti che Giorgio Bona ha raccolto in questo volume possiedono tutti il tratto comune della frase breve e pregna di senso, del dire tanto con poco. I racconti "piemontesi" della raccolta sembrano quelli sui pionieri americani, arrivano direttamente da un mondo caotico e mitico, popolato da contadini parsimoniosi e grandi lavoratori, taciturni, ossessionati dai soldi e dal sesso, dalle infedeltà che in un mondo così naturale arrivano e si consumano con le stagioni. Dalla battaglia di Marengo del 1800 agli scontri sindacali durante il Fascio, Bona ci conduce attraverso una campagna piemontese affollata di fantasmi, di miseria, di animali da vendere e a cui badare, di terra da coltivare. La lingua è un italiano secco e preciso, improvvisamente assalito, qua e là, da frasi in alessandrino, il dialetto piemontese più difficile da capire dai piemontesi stessi. Questa scelta è però obbligata: le storie che vengono raccontate non possono letteralmente fare a meno di possedere una percentuale di selvatichezza non aggiustata, premoderna.