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( ... ) "Per un bambino di sei-sette anni mi sembra un lavoro sufficientemente impegnativo, ricco di operazioni logiche e fantastiche, indipendentemente dal valore e dai contenuti del fumetto, che qui non sono in discussione. La sua immaginazione non assiste passiva, ma è sollecitata a prendere posizione, ad analizzare e sintetizzare, classificare e decidere. Non c'è posto per la vacua fantasticheria, fin che la mente è costretta a un'attenzione complessa, la fantasia chiamata ad assolvere alle sue funzioni più nobili.
Direi che, fino a un certo punto, l'interesse principale del bambino al fumetto non è condizionato dai suoi contenuti, ma è in presa diretta con la forma e la sostanza dell'espressione del fumetto stesso. Il bambino vuole impadronirsi del mezzo, ecco. Legge il fumetto per imparare a leggere il fumetto, per capirne le regole e le convenzioni. Gode del lavoro della propria immaginazione, più che delle avventure del personaggio. Gioca con la propria mente, non con la storia. Non che le cose accettino di essere così perentoriamente distinte. Ma vale la pena di distinguerle, se la distinzione ci aiuta a non sottovalutare il bambino, nemmeno in questo caso: a non sottovalutare la sua serietà di fondo, l'impegno morale che mette in tutte le sue cose.
Tutto il resto, sui fumetti è già stato detto, nel bene e nel male, e io non lo ripeterò." (da "Il bambino che legge i fumetti" in GIANNI RODARI, GRAMMATICA DELLA FANTASIA. Introduzione all'arte di inventare storie, Torino, Giulio Einaudi Editore, 1973 - Terza Edizione, pp. 145-147).