Racconti Brevi

Pizzileo Salvatore
Dello stesso autore
Editore/Produttore: CARRA EDITRICE
EAN: L00002884



pp.53, brossura

Salvatore Pizzileo era un docente di quelli che lasciano il segno. Intere generazioni di studenti che hanno frequentato il Liceo Classico di Casarano ne serbano grato ricordo. Fuori dallo stereotipo impersonato dal famoso prof. Keating de “L’attimo fuggente”, al di fuori del sentimentalismo da libro Cuore, da ogni facile retorica, consunto luogo comune (a cui, diciamolo, si presta molto il mondo della scuola e in particolare il ruolo del docente), è davvero impossibile dimenticarlo. Istrione, lunatico, bizzarro, imperscrutabile, sulfureo, contraddittorio. Ma determinante nella formazione di tanti giovani che con lui hanno iniziato ad amare la letteratura italiana. Una figura fondamentale. Rimasta tale, per molti, anche dopo la fine degli studi. Un punto di riferimento. E quanto c’è bisogno oggi di avere dei punti di riferimento. Ché navighiamo a vista nel mare magnum della superficialità, della confusione dei ruoli, del pressappochismo, nel magma informe di questa società liquida (per dirla con Zygmunt Bauman) in cui viviamo. E nella società dell’apparire, del culto della forma, torna prezioso l’esempio di Pizzileo, il suo sommo disprezzo per l’apparire, l’esteriorità, per quei simboli frivoli della società dei consumi. Lui era tutta sostanza e niente forma a cominciare dall’abbigliamento (come dimenticare la sua ricerca di un abito quattro stagioni, double face, che gli evitasse, diceva, anche il fastidio di dover cambiare periodicamente d’abito).

Leggendo i messaggi sulla sua pagina fb e ascoltando le testimonianze di tanti suoi ex allievi, mi sono reso conto di come egli sia davvero per tanti faro illuminante, come egli possa rientrare nella categoria che Edmondo Berselli ha felicemente definito dei “venerati maestri”: in realtà la definizione è di Alberto Arbasino il quale sosteneva che la vita di uno scrittore in Italia si svolgeva in tre fasi successive: brillante promessa, solito stronzo, venerato maestro. Oggi non è più così, ma il panorama attuale annovera comunque tantissime brillanti promesse, tantissimi soliti stronzi, ma mancano, o sono pochissimi, i venerati maestri.

Ora, per volere della moglie, è stato stampato il libro “Racconti brevi”, curato da Ilaria Spiri che ne scrive la Presentazione. “Gravia Levia” intitola questa raccolta lo stesso Pizzileo (mutuandone il titolo da un’opera di Giosuè Carducci, solo invertendo l’ordine dei sostantivi), il quale diede mandato alla famiglia di pubblicare questi scritti solo dopo la propria morte. Si tratta di una serie di episodi, comici e tragici, tratti dalla vita del docente, dalla sua quotidianità, scritti sia in terza che in prima persona, spezzoni, tranches de vie, avvenimenti anche importanti ma trattati con leggerezza, con brio, un po’ strizzando l’occhio al lettore che gli avrebbe letti; situazioni paradossali, riflessioni amare, citazioni dei suoi autori preferiti, a metà fra il serio e il faceto, l’impegnato e il divertito, sorretti da una ironia bonaria e a volte un po’ guascona. C’è un bellissimo passo del Purgatorio di Dante che viene riportato nel libro da Pizzileo: “Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte”, e che è diventato poi il suo epitaffio.


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Disponibilità: 3 disponibile

pp.53, brossura

Salvatore Pizzileo era un docente di quelli che lasciano il segno. Intere generazioni di studenti che hanno frequentato il Liceo Classico di Casarano ne serbano grato ricordo. Fuori dallo stereotipo impersonato dal famoso prof. Keating de “L’attimo fuggente”, al di fuori del sentimentalismo da libro Cuore, da ogni facile retorica, consunto luogo comune (a cui, diciamolo, si presta molto il mondo della scuola e in particolare il ruolo del docente), è davvero impossibile dimenticarlo. Istrione, lunatico, bizzarro, imperscrutabile, sulfureo, contraddittorio. Ma determinante nella formazione di tanti giovani che con lui hanno iniziato ad amare la letteratura italiana. Una figura fondamentale. Rimasta tale, per molti, anche dopo la fine degli studi. Un punto di riferimento. E quanto c’è bisogno oggi di avere dei punti di riferimento. Ché navighiamo a vista nel mare magnum della superficialità, della confusione dei ruoli, del pressappochismo, nel magma informe di questa società liquida (per dirla con Zygmunt Bauman) in cui viviamo. E nella società dell’apparire, del culto della forma, torna prezioso l’esempio di Pizzileo, il suo sommo disprezzo per l’apparire, l’esteriorità, per quei simboli frivoli della società dei consumi. Lui era tutta sostanza e niente forma a cominciare dall’abbigliamento (come dimenticare la sua ricerca di un abito quattro stagioni, double face, che gli evitasse, diceva, anche il fastidio di dover cambiare periodicamente d’abito).

Leggendo i messaggi sulla sua pagina fb e ascoltando le testimonianze di tanti suoi ex allievi, mi sono reso conto di come egli sia davvero per tanti faro illuminante, come egli possa rientrare nella categoria che Edmondo Berselli ha felicemente definito dei “venerati maestri”: in realtà la definizione è di Alberto Arbasino il quale sosteneva che la vita di uno scrittore in Italia si svolgeva in tre fasi successive: brillante promessa, solito stronzo, venerato maestro. Oggi non è più così, ma il panorama attuale annovera comunque tantissime brillanti promesse, tantissimi soliti stronzi, ma mancano, o sono pochissimi, i venerati maestri.

Ora, per volere della moglie, è stato stampato il libro “Racconti brevi”, curato da Ilaria Spiri che ne scrive la Presentazione. “Gravia Levia” intitola questa raccolta lo stesso Pizzileo (mutuandone il titolo da un’opera di Giosuè Carducci, solo invertendo l’ordine dei sostantivi), il quale diede mandato alla famiglia di pubblicare questi scritti solo dopo la propria morte. Si tratta di una serie di episodi, comici e tragici, tratti dalla vita del docente, dalla sua quotidianità, scritti sia in terza che in prima persona, spezzoni, tranches de vie, avvenimenti anche importanti ma trattati con leggerezza, con brio, un po’ strizzando l’occhio al lettore che gli avrebbe letti; situazioni paradossali, riflessioni amare, citazioni dei suoi autori preferiti, a metà fra il serio e il faceto, l’impegnato e il divertito, sorretti da una ironia bonaria e a volte un po’ guascona. C’è un bellissimo passo del Purgatorio di Dante che viene riportato nel libro da Pizzileo: “Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte”, e che è diventato poi il suo epitaffio.

Dettagli
DatiDescrizione
EANL00002884
AutorePizzileo Salvatore
EditoreCARRA EDITRICE
Data pubblicazione2014/06
CategoriaNarrativa
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