pp.162, brossura
Una donna in una sala d’attesa di un pronto soccorso si distingue dalla massa. Lei è seduta in un angolo e, in attesa del responso di un tac cerebrale, vive la paura di morire, un paura talmente forte che lei non ha il coraggio nemmeno di parlare, solo di pregare, in silenzio, in un angolo.
L’autrice le si avvicina con delicatezza e da quel momento tra le due donne accade qualcosa di strano, un sentimento di coinvolgente e totale empatia trascina entrambe in un vortice di emozioni moto forti che vivranno insieme per dieci giorni, quelli di degenza di Marta, in cui affronteranno dieci argomenti diversi, su concetti riguardanti la parte più intima di un essere umano. Marta racconterà aneddoti della sua vita che spingeranno l’autrice (e anche il lettore) a riflessioni profonde, a tratti sconvolgenti, dalle quali entrambe non potranno più tornare indietro.
“La seconda volta che sono nata” mette il lettore davanti ad uno specchio; davanti alle sue paure, ma non solo, anche davanti alle sue convinzioni; convinzioni che a volte il romanzo scardina attraverso degli avvenimenti molto delicati ed emozionanti. Non è un romanzo che parla esclusivamente delle donne, non solo almeno. Marta racconta pure degli uomini che hanno attraversato la sua vita, compreso un matrimonio con un uomo violento.
Il romanzo descrive inoltre la paternità e il tormento che un padre può attraversare.
A tratti complicati da comprendere, i pensieri di Marta non si muovono mai contro qualcuno, lascia sempre al lettore il compito di discernere, senza forzature. Perché, come direbbe lei, siamo solo esseri umani, inclini all’errore e, per la nostra stessa natura, alla fragilità.