pp.184, brossura, 21x28, ill. b/n e colori Lo sperone roccioso della Sicilia meridionale, che si protende con tre punte verso l’arcipelago di Malta, ebbe nell’antichità un particolare ruolo strategico a causa della sua posizione al centro del Mediterraneo e godette talora di un’economia vivace, grazie ai commerci di transito e all’esportazione delle derrate agro-pastorali di produzione locale, in particolare cereali. I Romani se ne servirono per i rifornimenti annonari tramite il porto tardoantico di Caucana, che spesso funzionò anche da testa di ponte per l’Africa. Da qui salparono le flotte agguerrite del generalissimo Belisario nel VI secolo e di Ruggero il Normanno mezzo millennio dopo. A dominio di queste tre punte (segnalate dalle tre torri di guardia di Punta Braccetto, Punta di Pietro e Puntasecca) si distende l’abitato di Santa Croce Camerina, disteso su un terrazzo calcareo sovrastante una ricca Fontana, che attrasse il popolamento già dall’età del Bronzo, come nella tarda antichità e poi in età bizantina. Allora, nell’ambito dell’organizzazione della difesa militare dell’isola, il sito assunse un particolare valore strategico ed economico e venne dotato di un granaio imperiale, parallelo ai più nascosti rhogoi (granai), dai quali prese nome il castrum montano di Ragusa. Benché situata in prossimità dell’insediamento tardoantico identificato con Caucana, Santa Croce nella propria tradizione culturale ha sempre avvertito un forte legame con Camarina, la famosa colonia greca, fiorita nell’arco di oltre tre secoli, del cui territorio faceva parte e della quale il casale medievale di Santa Croce di Rascarami-Risgalambri perpetuava inconsapevolmente il nome, che Santa Croce volle assumere, quando con l’unità d’Italia ha dovuto distinguersi dai vari comuni omonimi.
Dopo avere trattato ampiamente della storia e della topografia di Camarina, ed avere dedicato un volume specifico allo studio del suo territorio, con questo nuovo lavoro intendo offrire un documentato panorama topografico e storico dello sviluppo dell'insediamento dall'età preistorica al casale medievale nell'area del comune di Santa Croce Camerina.
Ho aggiunto due appendici: la prima ricorda alcuni monumenti archeologici scomparsi; la seconda elenca i nomi locali del territorio, nella convinzione che anche la microtoponomastica possa offrire un sostanziale contributo alla topografia e alla storia locale.
Mi sono diffuso su alcuni problemi specifici nell'intento di rettificare confusioni e banalizzazioni invalse, come ad esempio per le denominazioni Bagno e Vigna di Mare, o errori, come per il vicino Bianco, Grande e Piccolo, diventato erroneamente Branco (come Landro diventato Laudro e la Canseria di Noto diventata Causeria, sempre da banali errori di stampa), nonché pregiudizi, come le presunte chiesette paleocristiane del Mezzagnone e del Bagno di Mare, questa nel frattempo impunemente distrutta, come tanta parte del nostro patrimonio archeologico. Mi soffermo in particolare sul Bagno del Mezzagnone, sul quale ho richiamato l'attenzione sin dal 1958. Esso faceva parte di un gruppo di quattro edifici termali consimili, due già fatiscenti nel Cinquecento e uno distrutto negli anni Cinquanta. La loro costruzione è spiegabile solo con un intervento pubblico unitario, databile intorno alla metà del IV secolo, quando la zona acquista un particolare rilievo strategico. Essi sono oggetto di restauro, insieme alle chiese di Caucana e della Pirrera, intorno alla metà del VI secolo, quando la zona riacquista interesse strategico per l'impero bizantino. Miracolosamente superstite, il Bagno del Mezzagnone, che attira dal Settecento l'interesse di studiosi di tutta Europa, merita di essere preservato e valorizzato nell'ambito dell'auspicato Parco Mirio - Santa Lena - Fontana Paradiso.
Mi auguro che, dopo decenni di sperpero dissennato del benessere economico e del patrimonio culturale, monumentale e ambientale, queste pagine possano servire a richiamare l'interesse e a ravvivare l'amore per questo angolo di paradiso perduto.