Toghe patate e cozze. Emiliano, Carofiglio, Maritati e le storie di malagiustizia pugliese

Francavilla Tommaso
Dello stesso autore
EAN: 9788890253331



pp.145 brossura

L'introduzione di Salvatore Tatarella

Una lettura approssimativa e assai veloce di questo agile e pungente volumetto potrebbe indurre a pensare di avere fra le mani solo l’ennesimo, rancoroso pamphlet contro la magistratura italiana, scritto con mal sopito livore da un ex inquisito della Prima Repubblica e da un penalista arrabbiato e sempre in debito di polemica con i giudici-avversari. O peggio, una sorta di risentita e arrabbiata difesa di una intera classe politica, presa con le mani nel sacco.
Purtroppo non è così. Il problema della malagiustizia italiana non è questione che riguardi solo il ceto politico e nemmeno il solo Silvio Berlusconi. Riguarda invece tutti i cittadini, sia quando incappano essi stessi nelle maglie della giustizia, avvertendo sulla loro pelle l’estrema ingiustizia di un sistema che prima incarcera e poi cerca le prove, sia quando, esterrefatti e impotenti, assistono alla scarcerazione di pericolosissimi criminali, per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva o, peggio, per qualche errore di forma.
Solo per restare in Puglia, gridano vendetta le scarcerazioni per decorrenza termini dei boss della mafia garganica, ordinate dalla Corte d’assise di Foggia, ovvero da quello stesso organo giudiziario che, ordinando la trascrizione di una interminabile serie di intercettazioni telefoniche, aveva posto le premesse di fatto perché quei termini fatali inevitabilmente decorressero. Per non dire della tragica vicenda dei fratellini di Gravina di Puglia, dell’incredibile abbaglio dei magistrati della Procura barese e dei reiterati errori e negligenze di quegli investigatori. E potremmo continuare.

Credo sia giunto finalmente il momento di voltare pagina. Anche l’Italia ha diritto a una giustizia che funzioni, che arresti meno innocenti, che sappia trovare prove serie a carico dei veri colpevoli e che tenga in carcere per il tempo dovuto e senza sconti i condannati. Di più se recidivi, delinquenti abituali e organizzati. Per questo sono in molti a invocare ormai una urgente e radicale riforma dell’ordinamento giudiziario e dei codici.
Non si tratta, come la sinistra si attarda ancora a sostenere, di fare delle leggi ad personam «per garantire l’impunibilità del premier e dei suoi collaboratori», ma di dare al Paese, insieme a tante altre riforme modernizzatrici, anche un nuovo sistema giudiziario, che dispensi giustizia con imparzialità, anziché assicurare solo riserve di potere ai suoi rappresentanti. Un sistema che dia certezze e tempi ragionevoli, non solo al processo penale, ma anche a quello civile e amministrativo, dove i tempi di attesa equivalgono di fatto a una denegata giustizia. Con l’augurio che Berlusconi e il Parlamento non si facciano intimorire dai colpi di coda, che non mancheranno, di una vera “casta”, che ha usurpato (e intende mantenere) poteri impropri che la Costituzione non le riconosce.

Il volumetto di Tommaso Francavilla e Franco Metta, completato da una acuta riflessione di Francesco Paolo Sisto, pur discorrendo quasi esclusivamente di note, e forse dimenticate, vicende politiche, ha il pregio di indurre il lettore più attento a una compiuta riflessione sui mali della giustizia italiana, sullo strapotere o, meglio, sul potere deviato di tanti giudici e sul ruolo egemone di un partito, troppo spesso tenuto fuori, quasi a forza, dalle inchieste giudiziarie.
L’indagine, come tutto quello che sa di giornalismo quotidiano, non è completa e esaustiva.
Manca il capitolo di Punta Perotti, la cui vicenda giudiziaria non può dirsi ancora conclusa, nonostante la plateale demolizione dei fabbricati, orchestrata dal sindaco Michele Emiliano. Svetta per ora solo una significativa condanna della Corte di giustizia di Strasburgo, ma il bello deve ancora venire.
Più spazio meritavano anche le sentenze e le vicende edilizie di Bari, dove ardite interpretazioni giurisprudenziali hanno permesso al giudice penale di occuparsi anche di questioni meramente civilistiche, come i presunti danni cagionati al palazzo dell’ateneo barese dallo scavo dell’adiacente costruendo parcheggio interrato, o le reiterate confische di ingenti patrimoni immobiliari in danno di imputati riconosciuti innocenti o di cittadini nemmeno imputati, come è accaduto, proprio per Punta Perotti, al premio Nobel Rita Levi Montalcini.
Manca ancora la storia del Petruzzelli, che da sola merita un libro, mentre almeno una menzione meritavano anche altri due magistrati di sinistra, che si sono cimentati con le elezioni e con il potere, come lo scomparso Marcantonio D’Amelio, candidato, ma non eletto, a Foggia nel 1994, dove aveva fatto arrestare il sindaco democristiano in carica e altri esponenti locali del pentapartito, poi tutti inequivocabilmente prosciolti, e l’onorevole Francesco Bonito, eletto per tre volte di seguito nel blindatissimo collegio rosso di Cerignola, dopo aver fatto il magistrato, ovviamente schierato a sinistra, nei contigui tribunali di Foggia e di Lucera.

Anche questa ultima fatica di Francavilla e Metta trae origine da alcuni articoli pubblicati dal primo su Puglia d’oggi, un piccolo, ma utile giornale di destra che caparbiamente continuo a pubblicare, nonostante l’ostracismo della sinistra e la scarsa collaborazione della destra.
Gli articoli di Francavilla, rivisti e aggiornati, sono commentati e integrati da note, in corsivo, di Franco Metta. Che alla fine del volume ha scritto anche tre succosi ritratti di Emiliano, Alberto Maritati e Gianrico Carofiglio.
Credo ne sia venuto fuori un libretto che si legge tutto di un fiato. Farà arrabbiare qualcuno, farà sorridere molti altri. Mi auguro faccia riflettere tutti.
Salvatore Tatarella


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€ 5,00
Disponibilità: NON DISPONIBILE, ESAURITO O FUORI CATALOGO

pp.145 brossura

L'introduzione di Salvatore Tatarella

Una lettura approssimativa e assai veloce di questo agile e pungente volumetto potrebbe indurre a pensare di avere fra le mani solo l’ennesimo, rancoroso pamphlet contro la magistratura italiana, scritto con mal sopito livore da un ex inquisito della Prima Repubblica e da un penalista arrabbiato e sempre in debito di polemica con i giudici-avversari. O peggio, una sorta di risentita e arrabbiata difesa di una intera classe politica, presa con le mani nel sacco.
Purtroppo non è così. Il problema della malagiustizia italiana non è questione che riguardi solo il ceto politico e nemmeno il solo Silvio Berlusconi. Riguarda invece tutti i cittadini, sia quando incappano essi stessi nelle maglie della giustizia, avvertendo sulla loro pelle l’estrema ingiustizia di un sistema che prima incarcera e poi cerca le prove, sia quando, esterrefatti e impotenti, assistono alla scarcerazione di pericolosissimi criminali, per decorrenza dei termini di carcerazione preventiva o, peggio, per qualche errore di forma.
Solo per restare in Puglia, gridano vendetta le scarcerazioni per decorrenza termini dei boss della mafia garganica, ordinate dalla Corte d’assise di Foggia, ovvero da quello stesso organo giudiziario che, ordinando la trascrizione di una interminabile serie di intercettazioni telefoniche, aveva posto le premesse di fatto perché quei termini fatali inevitabilmente decorressero. Per non dire della tragica vicenda dei fratellini di Gravina di Puglia, dell’incredibile abbaglio dei magistrati della Procura barese e dei reiterati errori e negligenze di quegli investigatori. E potremmo continuare.

Credo sia giunto finalmente il momento di voltare pagina. Anche l’Italia ha diritto a una giustizia che funzioni, che arresti meno innocenti, che sappia trovare prove serie a carico dei veri colpevoli e che tenga in carcere per il tempo dovuto e senza sconti i condannati. Di più se recidivi, delinquenti abituali e organizzati. Per questo sono in molti a invocare ormai una urgente e radicale riforma dell’ordinamento giudiziario e dei codici.
Non si tratta, come la sinistra si attarda ancora a sostenere, di fare delle leggi ad personam «per garantire l’impunibilità del premier e dei suoi collaboratori», ma di dare al Paese, insieme a tante altre riforme modernizzatrici, anche un nuovo sistema giudiziario, che dispensi giustizia con imparzialità, anziché assicurare solo riserve di potere ai suoi rappresentanti. Un sistema che dia certezze e tempi ragionevoli, non solo al processo penale, ma anche a quello civile e amministrativo, dove i tempi di attesa equivalgono di fatto a una denegata giustizia. Con l’augurio che Berlusconi e il Parlamento non si facciano intimorire dai colpi di coda, che non mancheranno, di una vera “casta”, che ha usurpato (e intende mantenere) poteri impropri che la Costituzione non le riconosce.

Il volumetto di Tommaso Francavilla e Franco Metta, completato da una acuta riflessione di Francesco Paolo Sisto, pur discorrendo quasi esclusivamente di note, e forse dimenticate, vicende politiche, ha il pregio di indurre il lettore più attento a una compiuta riflessione sui mali della giustizia italiana, sullo strapotere o, meglio, sul potere deviato di tanti giudici e sul ruolo egemone di un partito, troppo spesso tenuto fuori, quasi a forza, dalle inchieste giudiziarie.
L’indagine, come tutto quello che sa di giornalismo quotidiano, non è completa e esaustiva.
Manca il capitolo di Punta Perotti, la cui vicenda giudiziaria non può dirsi ancora conclusa, nonostante la plateale demolizione dei fabbricati, orchestrata dal sindaco Michele Emiliano. Svetta per ora solo una significativa condanna della Corte di giustizia di Strasburgo, ma il bello deve ancora venire.
Più spazio meritavano anche le sentenze e le vicende edilizie di Bari, dove ardite interpretazioni giurisprudenziali hanno permesso al giudice penale di occuparsi anche di questioni meramente civilistiche, come i presunti danni cagionati al palazzo dell’ateneo barese dallo scavo dell’adiacente costruendo parcheggio interrato, o le reiterate confische di ingenti patrimoni immobiliari in danno di imputati riconosciuti innocenti o di cittadini nemmeno imputati, come è accaduto, proprio per Punta Perotti, al premio Nobel Rita Levi Montalcini.
Manca ancora la storia del Petruzzelli, che da sola merita un libro, mentre almeno una menzione meritavano anche altri due magistrati di sinistra, che si sono cimentati con le elezioni e con il potere, come lo scomparso Marcantonio D’Amelio, candidato, ma non eletto, a Foggia nel 1994, dove aveva fatto arrestare il sindaco democristiano in carica e altri esponenti locali del pentapartito, poi tutti inequivocabilmente prosciolti, e l’onorevole Francesco Bonito, eletto per tre volte di seguito nel blindatissimo collegio rosso di Cerignola, dopo aver fatto il magistrato, ovviamente schierato a sinistra, nei contigui tribunali di Foggia e di Lucera.

Anche questa ultima fatica di Francavilla e Metta trae origine da alcuni articoli pubblicati dal primo su Puglia d’oggi, un piccolo, ma utile giornale di destra che caparbiamente continuo a pubblicare, nonostante l’ostracismo della sinistra e la scarsa collaborazione della destra.
Gli articoli di Francavilla, rivisti e aggiornati, sono commentati e integrati da note, in corsivo, di Franco Metta. Che alla fine del volume ha scritto anche tre succosi ritratti di Emiliano, Alberto Maritati e Gianrico Carofiglio.
Credo ne sia venuto fuori un libretto che si legge tutto di un fiato. Farà arrabbiare qualcuno, farà sorridere molti altri. Mi auguro faccia riflettere tutti.
Salvatore Tatarella

Dettagli
DatiDescrizione
EAN9788890253331
AutoreFrancavilla Tommaso
EditoreNUOVA STAMPA SOCIETA` COOPERATIVA
Data pubblicazione2008/08
CategoriaAttualità & Politica
Pagine141
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