Aa.Vv.
pp.176, rilegato La Valle d’Itria è un luogo che sembra uscito dal disegno di un bambino felice. I trulli, i borghi bianchi sospesi in cima a colline o accovacciati a valle. I tratturi che rigano silenziosi le campagne. Gli ulivi. Tanti. Enormi. Possenti. Generosi. La terra rossa e il cielo azzurro. Il mare all’orizzonte. La Valle d’Itria geograficamente corrisponde ad un angolo di mondo incuneato tra le terre di Brindisi, Taranto e Bari, ma di fatto non è uno spazio fisico, è un’area che tracima, che vola o si inabissa, si scioglie e si avviluppa. È un luogo per pensare. Una zona dove respira il fanciullesco, l’onirico, il fiabesco. Un posto che quasi non sembra esistere per davvero. Dove a tutto ciò che la natura e la storia hanno reso strano, buffo, impossibile, si aggiungono altre sfide, altre interpretazioni, altri caleidoscopi. E non bastano i tetti a cono, le forme tondeggianti, il candore della calce, il surreale delle meringature, gli incastri magici delle chiancarelle. All’interno parte un gioco più sottile, a tratti fatto d’assoluto a tratti velato d’ironia, dove entrano intonaci pastellati, imprevisti dettagli rock, mobili strappati ad altre zone del tempo...