Il quinto cd, arrivato a circa 10 anni dal folgorante esordio di “Scarcagnizzu”, quando il cantautore folgorò una terra con le intense strofe di “Arbulu te ulie” e la sagace ironia de “Tuttu è cultura”, il primo brano ad essere registrato da Mino De Santis, apparso sulla “Compilescion” dei dieci anni di quiSalento, nel 2001.
Disco dopo disco, canzone dopo canzone, concerto dopo concerto, la poetica di Mino De Santis e il suo cantare si sono radicati a un territorio e ad un pubblico vasto, che lo ama incondizionatamente, perché nelle sue canzoni si rivede e rispecchia, non celando vizi e malcostumi e non indulgendo in virtù e complimenti.
Dieci pezzi inediti che “parlano di alberi e di animali, di colori terrosi o liquidi, di arrivi e di partenze, di assenze e di presenze”, presentati in anteprima giovedì 9, in un concerto alla Masseria Torrenova di Nardò
Una nuova avventura corale e collettiva, nella quale è affiancato da Marcello Zappatore, Dario Congedo, Pantaleo Colazzo, Mauro Semeraro, Massimo Marcer, Cristiana Verardo, Marta De Giuseppe, Giuseppe Stamerra, Samanta Campa. I disegni della copertina e del booklet sono a cura dell’illustratore Enzo De Giorgi, mentre la produzione artistica è curata dall’associazione Civilia. Special guest, un entusiasta Giuliano Sangiorgi, che duetta con Mino De Santis in “Caddhripulina”. Il singolo di lancio, invece, è “La legge te li turdi”, ballata tex-mex alla salentina, mezzogiorno di fuoco dove tutto è lecito.
Un disco, questo, “diverso dagli altri”, spiega lo stesso autore, “un disco di svolta, di rottura con molti prototipi propri dei precedenti quattro. Forse è più intimistico, meno legato al ‘racconto’ vero e proprio, e più propenso verso l’incanto”.
“Scarcagnizzu”, “Caminante”, “Muddhriche”, “Petipitugna” e poi… “Sassidacqua”, il tuo stile di utilizzare solo un’unica parola come titolo dei dischi è rispettato. C’è però un passaggio dal dialetto all’italiano, si deve leggere qualcosa tra le righe?
“La scelta della lingua, nel titolo, è casuale. Quello che mi premeva maggiormente trovare un titolo più rappresentativo possibile riguardo al contenuto, piuttosto che restare fedele al dialetto”.
Quello che piace, di Mino De Santis, è il viaggiare in equilibrio tra ironia e malinconia. Quale delle due anime è preponderante in questo momento e in questo disco?
“In questo disco credo convivano entrambe le componenti, in modo abbastanza equilibrato. Le due anime esistono armonicamente in un album che ho idealmente diviso in canzoni di terra (sassi) e canzoni di mare (acqua)”.
Qual è la tua canzone dell’anima, tra le tante che hai scritto? Quella che ti fa ancora emozionare, quando la canti o la senti cantare da qualcuno?
“In realtà ci sono diverse canzoni, non solo una in particolare. Ognuna di esse contiene un richiamo ad un momento particolare della mia vita o a una motivazione per la quale l’ha scritta. A primo impatto, però, mi verrebbe da dire ‘Salentu’. Ma, ripeto, non è l’unica”.
Come è nata la collaborazione con Giuliano Sangiorgi?
“Giuliano è una persona speciale, sia dal punto di vista umano che artistico. Mi sento onorato della sua partecipazione in una mia canzone. È un regalo enorme, un sogno che si è realizzato”.