Tarantino Francesco - Mainardi M. (Cur.)
pp.160, rilegato
Il paesaggio della semplicità di Francesco Tarantino è il frutto della attiva meditazione figlia della passione per la pietra (i cuti del calcare durissimo, le buche di terra rossa del terreno), per la vegetazione (l’antica sapienza contadina di piantare gli alberi profittevoli al fresco degli interstizi dei muri della corte) e per l’acqua (da utilizzare sino all’ultima goccia conservandola in litici e grezzi contenitori). Nasce da un insopprimibile amore verso il paesaggio dell’essenzialità, del bisogno e della necessità, costruito intensamente da anonime e generose schiere di antichi faticatori del Salento di ieri: abili edificatori di belle contrade, vivacizzate dall’impianto di alberi che, giunti all’età adulta, robusti e grandi con le loro chiome raffrenanti gli ìmpeti del sole e dei venti hanno maternamente protetto gli aranci ed i limoni, corrispondendo, così, all’instaurazione di vividi scambi arborei. Lo scritto e ancora di più le immagini sono, dunque, il risultato dell’attaccamento ai segni della natura e della cultura scaturenti dal lunghissimo dialogo tra il contadino e il suo spazio di vita, opportunamente domato e portato a felicità dietro il pagamento di un prezzo oneroso e onesto ma alla fine sempre remunerativo (anche in termini di valori e di identità). I dintorni del magliese che Tarantino ci offre con tocco lieve sono, quindi, un pretesto intelligente per discutere sul paesaggio salentino, oggetto-soggetto di tante storie tutte depositatesi nell’immaginario collettivo oggi in via di rivalutazione in chiave ludica e turistica. L’autore dei messaggi di semplicità, invero, ha voluto ascoltare per uno spirito di confronto e per il desiderio di approfondire il dialogo la voce riflessiva di suoi cari amici impegnati in studi sul paesaggio tramite specifici linguaggi. Ha per questo chiesto a Vittorio Marzi di dire la sua sul paesaggio quale fonte di informazioni e di sensazioni.