pp.142 brossura 14x19 Avrei potuto chiamare il mio libro Dialogando con Narciso. Questo avrebbe rispecchiato il sentimento che alcuni potenziali lettori avrebbero provato leggendolo. Avrei potuto chiamarlo Pillole di follia, richiamando in loro questa volta curiosità, oppure chiamandolo La vittoria sul vecchio grande nano; avrei dato un tono surreale, enigmatico. Invece, l`ho voluto chiamare Il pene colto e questo ha provocato e provoca un certo imbarazzo che rasenta o stimola la propria volontà a censurarlo. Ed è proprio di questo che il libro parla, della nostra censura nei confronti della vita, e quello che tale intima censura ha provocato. Il contenuto di questo libro non parla del pene in quanto organo sessuale, né delle sue eventuali performance, né tanto meno se esso è intelligente, anche perché, per me esso ha una definizione abbastanza chiara anche sotto l`aspetto di origine. Esso è l`effetto a causa dell`istinto della sopravvivenza della specie uomo. E allora, cosa ho voluto dire? Ho voluto dire della consapevolezza di un risveglio dovuto ad un nostro continuo ripudio della vita, del nostro saccheggiarci, dell`autoviolenza o della violenza che ognuno di noi fa a se stesso e delle ferite che provoca. Ho voluto dire che per divenire Spiriti liberi, basta liberare le catene che teniamo legate a noi, che noi possediamo di cui erroneamente pensavamo di essere posseduti. Ho voluto dire che ognuno di noi è un potenziale alchimista e che le formule della trasformazione le può trovare dentro di sé, nelle proprie profondità, nel proprio inconscio o nella cosa in sé e quando ciò non accade; è per colpa del nostro modo di volgere lo sguardo in una sola direzione, cioè fuori di se. Ho voluto dire che è inutile cercare la Pietra filosofale altrove, che è sufficiente osservarci in uno specchio e intravedere dietro la maschera o le maschere che indossiamo. Questo volevo dire con il mio libro, e questo ho detto, e tutto ciò mi rende consapevole della mia libertà interiore.
