pp.130, brossura
Il libro tratta le vicende un ragazzino di dieci anni alle prese con le sue drammatiche vicende familiari e la sua passione sportiva per il Grande Torino, in particolare per il suo portiere Valerio Bacigalupo.
Una partita nella partita, un dramma nel dramma, un sogno nel sogno, tutto condito dalla sensibilità e la fantasia di Gabriele Marra.
Lo sfondo di questa quasi-fiaba è il sud dell’immediato dopo guerra, con la sua arida sofferenza in attesa della ripresa, in mezzo c’è il calcio quello giocato dai bambini in un aspro campetto di paese e quello altissimo degli Invincibili del Grande Torino, alla fine di tutto c’è l’onore di un padre e un tragico schianto sul colle di Superga che rimbomba e lacera l’anima degli sportivi di tutto il mondo.
Gabriele ci offre pagine di autentica qualità, memorabile un suo passo in cui narra di un celestiale allenamento della grande compagine granata che s’innalza, giocando un football sulle nuvole, dove l’immenso diventa stadio, l’infinito un campo da calcio e la leggenda si ferma, sorride, volando verso l’infinito.
Importante è la delicatissima immagine, che l’autore ci propone, di un lepidottero dalle ali granata che si posa sull’ultimo respiro di un padre che abbandona il mondo nello stesso istante che l’aereo del Grande Torino brucia e diventa mito.
Il romanzo di Gabriele Marra è autenticamente bello, profuma di vita, è un affresco dal quale, noi lettori restiamo deliziosamente estasiati.
Andrea, l’eroe del racconto è un ragazzino forte, vivo e fiero come il nobile popolo del sud d’Italia, ha un sogno vuole fare il portiere e un mito Valerio Bacigalupo il portiere del Grande Torino.
Il piccolo protagonista, grazie alla sapiente magìa letteraria di Gabriele, vola… vola tra i pali di una porta, vola nel cielo dello sport, vola verso il suo primo traguardo importante, nell’esatto istante in cui il suo mondo sportivo e privato viene annientato..
Restano le briciole amare dei ricordi, la voglia di continuare a combattere e la necessità di riemergere contro tutto e tutti perché il bruco se ci crede diventerà farfalla e finalmente, come Andrea, volerà fiero ed orgoglioso nella sua storia.
Grazie a Gabriele, ho vissuto il suo sogno, sono stato anch’io un bambino del sud, con l’ardore nei polmoni, il coraggio nell’anima e il Toro nel cuore.
Prefazione al libro di Ermanno Eandi, poeta e giornalista piemontese
Nota dell’autore
Un sincero grazie a Sauro Tomà, terzino del Grande Torino e testimone vivente di quella squadra leggendaria; a Danila Tomà per la sua gentile vicinanza; ad Ermanno Eandi per la sua raffinata sensibilità di Poeta Granata; a tutti coloro che mi hanno fornito spiegazioni e suggerimenti sulla “vita di paese” negli anni ’40.
L’aereo che trasportava il Grande Torino si schiantò sul terrapieno della basilica di Superga alle 17.05 del 4 maggio 1949. Nella tragedia vi morirono trentuno persone: diciotto giocatori, l’allenatore, il direttore tecnico, il massaggiatore, due dirigenti, tre giornalisti, quattro uomini d’equipaggio e un accompagnatore. Tre giorni dopo a Torino si svolsero i funerali e un milione di persone si riversarono sgomente nelle strade della città per dare l’ultimo saluto alla squadra di calcio piu’ forte di tutti i tempi.
Oggi, chi sale sul colle di Superga, imboccando il sentiero che cinge la basilica, trova la lapide commemorativa del Grande Torino nel punto esatto in cui l’ala dell’aereo si schiantò sul terrapieno. Migliaia di tifosi, appassionati, turisti, fedeli, ogni anno si soffermano in silenzio vicino la lapide.
Il luogo in cui è ambientata la descrizione del sogno di Andrea è lo stadio Filadelfia, laddove il Grande Torino si esibì per cinque anni senza conoscere sconfitta. Oggi, chi visita il vecchio stadio, troverà soltanto ruderi, una discarica abusiva, un dormitorio improvvisato per extracomunitari ed una colonia di gatti.
“Un sentito ringraziamento” a tutte le persone, amministratori cittadini, presidenti, uomini di responsabilità, che hanno permesso il verificarsi di questo scempio ed un meno ironico augurio a tutti noi di veder presto rinascere il “Fila”.
All’indomani della tragedia di Superga, molti ragazzini, come il protagonista del racconto, considerarono quell’evento come una “chiamata” e decisero che una parte del loro cuore sarebbe appartenuta per sempre alla squadra di calcio piu’ sfortunata, piu’ martoriata, piu’ affascinante d’Italia. Questo libro è dedicato a tutti loro.