pp.161 brossura 17x24
Erede della grande tradizione romantica, Alfred Tennyson (1809-1892) fu che un rappresentante del proprio tempo. Anche se oggi non è il più amato, è forse, fra i poeti vittoriani, il più rappresentativo.
Il suo disincanto, mescolato, paradossalmente, a un continuo rimando all'idale e all'utopia, deriva senza dubbio dalle particolari circostanze storiche in eui ebbe a operare e dalla sua posizione di Poeta Laureato. Questo coesistere di
disincanto e utopia lo spinse, talora, a opporsi ad alcune linee della cultura ufficiale, ma è innegabile che nelle sue opere, anche quelle più controverse, egli sia stato sempre e comunque, consapevole portavoce dell'etica cristiana.
Gli approcci critici recenti sono poco interessati alle istanze religiose, che pure sono centrali nella produzione poetica dello scrittore. Il presente studio si riallaccia al filone, interrotto nella prima metà del Novecento, che indagava il rapporto del poeta col Cristianesimo. Si distacca, tuttavia, dalla tendenza al biografismo agiografico che improntava quegli studi (alcuni dei quali, peraltro, molto ben documentati), privilegiando l'analisi dei testi, senza mai sottovalutare gli intrecci tra le svolte del vissuto tennysoniano e i molteplici e significativi eventi storici che attraversano l'Ottocento.
Lo studio condotto sulle fonti ha messo in evidenza che, nonostante il poeta possedesse una conoscenza tutt'altro che superficiale di diverse letterature europee moderne, come quella italiana e quella francese, e avesse dimestichezza con vari filoni della letteratura cristiana, come la patristica o l'innologia latina, e inoltre dichiarasse più volte la sua grande ammirazione per alcuni classici della letteratura inglese cristiana, come The Pilgrim's Progress (1675) e Paradise Lost (1667), egli privilegiò, come fonti, la Bibbia, nella King James Version 11611), e gli scritti dei pensatori suoi contemporanei.
Per quanto riguarda le fonti bibliche, ho menzionato (salvo dove diversamente indicato) quelle finora trascurate dalla critica, che spesso aprono delle prospettive impreviste su passi di interpretazione controversa. Per quanto concerne il rapporto di Tennyson con la teologia a lui contemporanea, in particolare con gli esponenti della Broad Church, l'analisi dei testi poetici ha rivelato un dato sorprendente, che mette in discussione l'idea, sostenuta pressoché unanimemente dai critici, di una filiazione diretta della spiritualità tennysoniana dalla teologia di Frederick Denison Maurice. È emerso che il principale debito del poeta è quello nei confronti dell'altro celebre esponente della Broad Church, l'allievo di Maurice stesso, Charles Kingsley, uno scrittore oggi relegato al ruolo di romanziere per l'infanzia o ricordato solo per la sua disputa con John Henry Newman, ma all'epoca considerato uno dei personaggi di maggior spicco sulla scena vittoriana, capace di suscitare intorno a sé un vero e proprio culto.
L'analisi intertestuale ha smentito l'immagine consueta di un Tennyson malinconico e «ipocondriaco», rivelando piuttosto un poeta dalla vis polemica «muscular», violentemente anticattolica, e anche, per molti aspetti, un pensatore intimamente e programmaticamente conforme all'ortodossia anglicana, lontano dal sincretismo neoplatonizzante di cui egli stesso amava ammantarsi in tarda età, quando assumeva la persona vagamente trascendentalista dell'«ancient sage».