Il libro, 336 pagine corredate da un ricco apparato fotografico a colori, focalizza l’attenzione sull’antica civiltà dei Messapi, popolo di incerte origini che abitò la “Terra tra i due Mari” in un arco cronologico compreso tra il IX e la metà del III secolo a.C.Si tratta di una sorta di viaggio spazio-temporale a partire dall’età del Bronzo, fase in cui in Grecia si sviluppava la civiltà micenea. Essa ebbe grande influenza sulla popolazione del Salento che, per la sua posizione strategica al centro del Mediterraneo, ben presto divenne il “collettore destinato a smistare gli scambi da Oriente ad Occidente”.
L’autrice, quindi, passa in rassegna le fonti storiche sui Messapi che ci sono pervenute, benché – come scrive Aldo Siciliano nell’introduzione – “non sono generose di informazioni”: la storia, infatti, è scritta dai vincitori, mentre “furono guai per i vinti, condannati all’oblio”.Il cammino nella storia procede, nel libro di Lory Larva, attraverso i “mille volti della Messapia, tra sacro e profano”.Dall’analisi del sistema insediativo messapico si evince un’articolazione dei siti scandita da realtà locali e autonome, di tipo “cantonale”, caratterizzata dal binomio “centro fortificato – approdo”. Le “città-stato” erano rette da principi locali, dei quali si conosce solo il nome di Arthas, re dei Messapi, fautore del trattato di alleanza ed amicizia (philia) tra Messapi ed Ateniesi, in occasione della spedizione di questi ultimi in Sicilia.
Piuttosto articolato era il culto dei Messapi, rappresentato nelle prime fasi dal “culto aniconico del pilastro-stele”, poi da cippi iscritti – a volte con nomi di individui – associati a depositi votivi, che potevano assolvere ad una funzione religioso-cultuale, con valenza dedicatoria, votiva o funeraria. Ad una fase successiva risalgono i luoghi di culto caratterizzati da colonne sormontate da simulacri: celebre, a tal proposito, è il caso dello Zeus stilita adorato sull’acropoli di Ugento, sul cui culto è riservato un intero capitolo, con approfondimenti di taglio storico, archeologico e mitologico.Gli scambi commerciali, ma soprattutto culturali, tra la Messapia e il mondo greco, balcanico e italiota, avvenivano nei santuari emporici della costa salentina: Grotta Porcinara (Leuca), Scalo di Furno (Porto Cesareo), Roca Vecchia (Grotta della Poesia) e Torre dell’Orso (Grotta San Cristoforo). Si tratta di luoghi di culto, gestiti dagli indigeni e frequentati da navigatori e da “avventurieri del mare”, in cerca di riparo, ristoro e protezione degli dei.Le vicende storiche messapiche sono strettamente legate alle dinamiche della colonizzazione greca in Occidente. La popolazione del Salento, Terra con una civiltà ormai radicata da secoli, dopo una iniziale fase di diffidenza e di scontro, venne soggiogata dal “fascino esotico” della cultura greca, e la contaminazione si manifesta nelle produzioni artistiche-artigianali, nei costumi cultuali e funerari, nell’adozione della scrittura, quest’ultima mutuata da quella lacedemone di Taranto.Ai rapporti tra il mondo indigeno messapico e Taranto, Lory Larva dedica più di un capitolo del suo libro – a conferma dell’importanza che la deduzione della colonia spartana ha avuto nelle dinamiche insediative, politiche e culturali della Messapia – sempre basandosi su una giusta integrazione tra fonti storiche e dati archeologici.
L’attenzione, quindi, si focalizza su Taras e sulle sue “Meraviglie”, dal periodo “di grande splendore, caratterizzato da una lunga stagione di pace e di progresso”, sotto la guida dello statista Archita (prima metà IV secolo a.C.), al “Tramonto della Capitale della Megàle Hellàs”. Con la morte di Archita, tuttavia, si aprì una fase di crisi sociale e politica, in concomitanza con le sempre più minacciose pressioni delle popolazioni confinanti (Lucani e Messapi in primis) e con l’avanzamento dell’esercito di Roma che, nel 272 a.C., conquistò Taranto (seppur con un trattamento di riguardo) e sottomise la popolazione messapica (Bellum Sallentinum, 267/266 a.C.), che finì inesorabilmente “Sotto il Vessillo di Roma”.
L’autrice – profonda conoscitrice del territorio – prima dell’epilogo accompagna il lettore in un avventuroso cammino tra i luoghi della Messapia, da Egnazia a Manduria, seguendo le orme degli antichi viaggiatori, lungo il tracciato della via “Appia” (fino a Brindisi), della via “Calabra” (fino ad Otranto) e della via “Sallentina” (fino a Manduria, passando dal Capo Iapigio).
Il linguaggio “piano ed accessibile”, divulgativo e comunicativo, a volte poetico, ma sempre rigorosamente scientifico, rende piacevole e coinvolgente il viaggio tra le rocciose, aride ed aspre terre messapiche.
(articolo tratto dal sito "Spigolature Salentine")