Nei paesi della Grecìa Salentina, per tutta la settimana che precede la Domenica delle Palme, alcuni cantatori, accompagnati da un suonatore di organetto, ora più spesso di fisarmonica, recando con sé un ramo d'ulivo addobbato con nastri colorati, fazzoletti, immaginette di santi e arance, eseguivano il canto di questua della passione di Cristo chiamato in grecanico I Passiuna tu Christù.
Il canto aveva una funzione di questua, e veniva eseguito nelle masserie e nei paesi fermandosi ai crocicchi dei vicoli, in modo che le voci potessero espandersi in tutte le direzioni e la gente potesse accorrere ad ascoltarli e omaggiarli.
Dopo un periodo di obsolescenza di questa pratica, grazie ad un rinnovato interesse per la propria cultura d'origine, la Passione iniziò ad essere cantata e rappresentata, sui sagrati delle chiese, in occasioni organizzate appositamente con lo scopo di divulgarla e salvarla dall'incombente oblio: è proprio in queste occasioni che Salvatore Panizza ha documentato alcuni degli esecutori più rappresentativi di Corigliano D'Otranto.
Nei canti di Passione si contemplano gli ultimi istanti della vita di Gesù: solo di fronte alla morte, solo nella propria condizione umana, con la responsabilità e tragica consapevolezza che l’essenza umana contempla la morte. Nella Grecìa salentina questi canti devozionali hanno resistito al tempo e alle mode, consegnandoci, attraverso il loro svolgimento liturgico, l’essenza del divenire umano: la Passione rappresenta la pietas popolare e la modalità più complessa e articolata attraverso la quale il popolo esprime il suo misticismo e la necessità di comunicare con la divinità.
La Passione in lingua grika, oltre ad essere tratto unificante e distintivo dei paesi della Grecìa salentina, può sicuramente considerarsi una delle forme più antiche di teatro popolare ed essere inserita a pieno titolo nella grande tradizione italiana del “Bruscello”: sacre rappresentazioni di carattere popolare, ispirate a storie di eroi o personaggi biblici, che nel XII secolo si tenevano, nella piazza o nei crocicchi dei paesi, su palcoscenici che avevano come scene rami fronzuti.
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