pp.136, brossura
Il libro è la riedizione riveduta e ampliata di un agile pamphlet, uscito nell’ormai lontano 1997, dall’impostazione sfacciatamente filo-borbonica, come dichiara apertamente fin da subito l’autore, ma anche con una puntigliosa aderenza alla verità storica, troppo spesso e per lungo tempo mistificata da paludati storici di professione, quando hanno scritto del Sud nel periodo risorgimentale.
Gli argomenti spaziano dal “Sud liberato”, ovvero di quando si fucilavano, a migliaia, i cafoni meridionali perché, “testardi e rozzi” qual erano, non volevano sentir ragione di essere “liberati dalla tirannia dei Borbone”; alla guerra per bande, in nome di re Francesco, di uomini come Antonio Cozzolino detto il Pilone, spacciato sbrigativamente per il solito brigante tagliagole, mentre in realtà era un vero e proprio antesignano di quella figura di “combattente politico”, che tanta importanza avrà negli eventi bellici del Novecento.
Dalla battaglia di Calatafimi, una battaglia che le armi napolitane non dovevano assolutamente vincere, e infatti non la vinsero, benché gli splendidi Cacciatori napoletani dell’VIII battaglione avessero ormai la vittoria in pugno. Ci pensò il loro generale, il Landi, a sconfiggerli, facendo suonare la ritirata generale. Di quei magnifici soldati lo stesso Garibaldi ebbe a scrivere subito dopo “I Napoletani si batterono da leoni, e certamente non ho avuto in Italia combattimento così accanito, né avversari così prodi”; alla parte “Documenti”, in cui sono riportate le pagine dei diari del diplomatico e patriota italiano Pietro Chevalier, uomo di Cavour, che ci svela gli squallidi e meschini retroscena di come fu fatta l’Unità d’Italia e dei personaggi che si piccarono di farla, personaggi spesso da operetta e qualche volta anche un po’ cialtroni