pp.144, brossura
I briganti, quando erano braccati, non avevano tempo, ovviamente, per preparare ranci complessi, si accontentavano di mangiare pane e formaggio e uova sode, prodotti facilmente reperibili nelle campagne meridionali e che, spesso, si facevano portare nei loro nascondigli da parenti e fiancheggiatori, i famosi manutengoli.
Nei luoghi di difficile accesso sia alle guardie nazionali che all’esercito, i briganti utilizzavano volentieri, invece, le risorse locali per sfamarsi, e non è da escludere che consumassero animali selvatici che oggi nessuno si sognerebbe di uccidere.
Nonostante il rischio sempre incombente, vi erano, comunque, anche se raramente, grandi refezioni collettive con tanto di brigate di cucina e scalchi improvvisati ed efficcienti. Lo racconta nei dettagli, nelle sue memorie, il più noto dei briganti, il lucano Carmine Crocco.
“Per rancio la banda è ripartita in gruppi ognuno dei quali è presieduto da un caporanciere; sul pendio meno ripido della posizione in luogo possibilmente coperto, perché il fumo non ci tradisca, si accendono i fuochi; poco lontano i cucinieri sono intenti a scannare capretti, scuoiare maiali, spennare polli e tacchini, e mentre altri tagliano legna per avere brace abbondante, la carne è pronta per essere arrostita”. E via alla baldoria al canto di “Avimmo pusato chitarre e tammuro / pecchè sta musica s'addà cagnà / simme brigante e facimme paura/ e c'a scuppetta vulimme cantà”.
L’Autore:?Giorgio Cretì, nato a Ortelle (Lecce) nel 1933, è tra i grandi autori di libri sulla cucina italiana. L’anno passato, in abbinamento con “Libero”, ha pubblicato Buon appetito don Camillo!. La cucina del Mondo piccolo di Guareschi.
Autore di racconti e romanzi di successo, ha pubblicato con la Capone Editore La Cucina del Sud. Aspetti significativi della cucina popolare campana, pugliese, lucana, calabrese e siciliana (2000), Cucina del Salento (2002) e, nel 2010, La cucina mediterranea.